sabato 15 marzo 2014

La solitudine dell’eroe

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Sta tutto lì.
Nell’antica lotta tra necessità e libertà.

Nella faida intestina che da sempre dà vampate di colore al tuo animo in escandescenza, arrotolato in quella consapevolezza già reale ancora prima che diventasse tale anche solo la parola.

Perso, ma mai perduto, nel costante nostos, nelle dodici tappe che non hanno mai fine, ritenendoti savio nell’accarezzare i lembi della follia, sempiterno colpevole di un’emanazione che non hai scelto di avere, che non hai smaniato per ottenere, che ti vedi costretto a portare.



Invidiato e adorato, patito e compatito, bramato e scacciato, con salti oceanici che dettagliano i contorni di un isolamento indispensabile, di una dannazione che non conosce salvezza, costretto all’errare perennemente in situazioni improbabili, al fine che restino impossibili.

Il fulcro della tragedia non cambia nelle odissee dei moderni Ulisse, mutano i nomi e i volti delle Calipso, delle Circe, delle Nausicaa che ti stregheranno, imprigioneranno, ameranno, uccideranno. Cambiano le fattezze dell’equipaggio che ti detesterà ma non potrà fare a meno di seguirti, che vedrai decimare, che non potrai salvare.

Ma non vi sarà nessuna Itaca, alcuna dimora benedetta a cui tornare, nessuna terra salvifica da baciare, da ringraziare, finalmente, col capo chino.

I moderni Ulisse vivranno il proprio tormentato viaggio con la violenta passione per i ricordi non vissuti, non sapranno mai dell’esistenza l’uno dell’altro, del diverso tra i diversi, sfiorandosi appena, forse, per le beffe del fato.

E si disperderanno nel nebuloso epos contemporaneo, donando appena qualche aneddoto da raccontare nella lunga notte del bar.

EtienneKuntz

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