By, Stanley Kubric |
La mancanza è un assedio.
Un attacco senza sosta, che circonda
senza avvolgere, che colpisce e infierisce.
La mancanza è un assedio di un nemico
nebuloso ma consistente, che la guardia che alzi su un fianco scopre
quello che sarà centrato dal fendente micidiale.
La mancanza è un assedio al quale
resistere.
Resistere per re-esistere, per esistere
nuovamente, solo con la strenua resistenza si combatte la mancanza.
Un combattimento da notti insonni, di
veglia, di guardia.
Un combattimento di pianti e urla e
occhi sgranati e bocche arse.
Che deve far male, deve scavare dentro,
toccando il fondo, scoprendo i nuovi limiti che si trovano quando si
smette di pensare di averne.
Perché l'assedio può colpire in ogni
dove, tranciando il momento, stracciando il tempo.
Ma la mancanza non va schivata o
repressa o temuta.
La mancanza va esasperata, portata
oltre, attraverso l'inconcepibile, nel solo concepibile possibile.
Bisogna amare la mancanza per
comprendere realmente quanto sia bello quello che manca.
La mancanza va amata.
Che a voler solo bene si è schiavi di
un piccolo sentimento pavido e borghese.
Chi vive davvero soffre, suda, vive.
Chi vive davvero, ama.
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